Gustoso, saporito e profondamente legato alla tradizione, lo stoccafisso alla genovese è uno di quei piatti che raccontano la cucina ligure in tutta la sua autenticità. Preparato con stoccafisso ammorbidito e cotto lentamente, viene arricchito da patate, oltre che da pomodori, pinoli e uvetta, ingredienti che donano equilibrio tra dolcezza e sapidità. La lunga cottura permette al pesce di diventare tenerissimo, ma la vera chicca è quella di raccogliere il sughetto che si forma con del buon pane casereccio. È un piatto, che richiede pazienza e rispetto per i tempi, ideale per chi ama i sapori morbidi, profondi e mediterranei.
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Mettete a bagno lo stoccafisso per 24 – 36 ore, avendo cura di cambiare l’acqua ogni tanto per almeno 6 -8 volte. Trascorso questo tempo, tagliatelo in pezzi grossi.
Portate a ebollizione dell’acqua in una capiente pentola e sbollentate i pezzi di stoccafisso per almeno 8 minuti. Raccoglieteli poi con un un mestolo forato. Eliminate le lische e la pelle.
Nel frattempo, ammorbidite l’uva passa con un po’ d’acqua calda, poi strizzatela. Pelate e riducete in grossi dadi le patate.
Infarinate lo stoccafisso. Soffriggete in una pentola l’olio assieme all’aglio finemente tritato. Adagiate lo stoccafisso e doratelo su tutti i lati. Aggiungete poi la polpa di pomodoro, le patate, le olive, l’uva passa e i pinoli. Aggiungete qualche mestolo d’acqua per mantenere morbidi sia il sugo che il pesce.
Cuocete il tutto a fuoco lento per almeno 40 minuti – 1 ora. Regolate solo a fine cottura di sale e pepe.
Spolverate lo stoccafisso alla genovese con prezzemolo tritato e servite subito.
Le origini dello stoccafisso alla genovese affondano nella storia dei commerci marittimi: il merluzzo essiccato arrivava nei porti liguri già dal Quattrocento grazie alle rotte con i Paesi nordici, diventando presto un ingrediente prezioso perché facilmente conservabile. Una curiosità affascinante è che, pur essendo un prodotto “forestiero”, lo stoccafisso è stato adottato con entusiasmo dai genovesi fino a diventare parte identitaria della loro cucina. La presenza di pinoli e uvetta richiama invece l’influenza mediterranea e quella araba, un retaggio delle tante culture che nei secoli hanno attraversato la Superba. Oggi questo piatto rimane una testimonianza viva della storia della città: un incontro perfetto tra mare, scambi commerciali e sapori che non passano mai di moda.

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