#oltremarche da gustare, le ricette tipiche delle nonne marchigiane

di in News

La cucina tipica marchigiana è fortemente caratterizzata dalla conformazione del territorio di questa meravigliosa e spesso sottovalutata regione. Una cucina fondata sulle ricette della tradizione contadina proprie delle zone più interne e montagnose, che passando per le colline arriva fino ai piatti di mare a celebrare la lunga riviera adriatica.

Sapori genuini, provenienti direttamente dalle nonne e che si sono tramandati di generazione in generazione senza perdere la propria autenticità, contando sull’abbondanza di prodotti tipici e di eccellenze gastronomiche. Come il tartufo di Acqualagna, il ciauscolo o le cicerchie, tanto per citarne alcuni, che testimoniano la storia e le tradizioni locali di una regione unica per l’offerta gastronomica.

Questa caratterizzazione fortemente rurale è stata aiutata in maniera determinante dai piani di sviluppo rurale (PSR) dei quali sia numerose aziende storiche del territorio che startup hanno beneficiato negli anni, per portare avanti la tradizione contadina e perché questa non si perdesse, anche grazie a misure che hanno sostenuto l’inserimento dei giovani in agricoltura.

Ecco alcune delle ricette più importanti della cucina marchigiana.

La più famosa: le olive ascolane

Non è possibile parlare di ricette marchigiane senza citare le olive ascolane. Sono senza ombra di dubbio il piatto più famoso e diffuso sul territorio ed è ormai comune trovarle in tutta Italia.

Solo in questo territorio è però possibile gustare le originali. Il requisito fondamentale è quello della varietà di oliva da utilizzare, appunto le ascolane del Piceno DOP, croccanti, saporite e soprattutto sufficientemente grandi da poter racchiudere all’interno il ripieno a base di carne.

Il Vincisgrassi: non chiamatela lasagna!

Guai a definire il Vincisgrassi come una lasagna, i marchigiani si potrebbero offendere seriamente. Questa è infatti una ricetta che ha radici antiche e che prevede precisi passaggi e preparazioni che la rendono unica e non confondibile con la cugina emiliana.

Trovare la vera ricetta è impresa abbastanza ardua, perchè ogni paese (ma sarebbe forse meglio dire ogni famiglia) ha la sua variante che reputa unica e originale.

Le caratteristiche peculiari che lo rendono così particolare sono da ricercare nelle carni utilizzate per fare il ragù: macinato di manzo insaporito solitamente da interiora di pollo. Altra caratteristica consiste nel poco, se non nullo, utilizzo della besciamella, che rende il Vincisgrassi più asciutto di una lasagna e più simile a un timballo.

La crescia sfogliata: mangiatela calda!

Nota anche come torta al testo, la crescia marchigiana ha origini antichissime e rappresentava in origine un pasto completo. Veniva infatti imbottita con erbe, cavoli, pecorino o salsicce.

La principale differenza con la piadina romagnola, alla quale assomiglia, consiste nell’essere sfogliata e con degli strati ben visibili, rimanendo così più friabile e gustosa. Si mangia calda, accompagnata con salumi e formaggi tipici.
In pochi sanno che ne esistono delle versioni dolci come la liccacénnora addolcita con noci tritate e uva secca e la cacambracìa, divenuta poi cacammòscia, variante della zona di Genga.

Brodetto, non una semplice zuppa di pesce

Il brodetto è, tra i piatti di pesce delle Marche, quello che ricopre il ruolo di protagonista. Lo si può trovare comunemente su tutta la costa nelle sue varianti appartenenti a ciascuna località o, come nel caso del Vincisgrassi, a ogni famiglia. Si possono tuttavia identificare quattro ricette classiche appartenenti ad Ancona, Fano, Porto Recanati e San Benedetto del Tronto.

Come nella maggior parte delle ricette popolari, anche il brodetto nasce come piatto povero e, in questo caso specifico, nell’utilizzo del pesce non venduto e meno pregiato che i marinai cucinavano a bordo delle imbarcazioni durante la pesca, la cosidetta “muccigna”.
Un piatto che non può sicuramente mancare di provare se si visita la costa adriatica marchigiana.

Coniglio: in porchetta e in… potacchio

Le origini della porchetta sembrano essere marchigiane e non laziali, ma meglio non entrare in tali dispute, che come in tutte le querelle di questo genere non troveranno mai una risposta.
Prescindendo dalle origini, la porchetta è sicuramente molto presente nelle Marche e influenza profondamente i secondi piatti di carne della tradizione, come ad esempio nel coniglio in porchetta. Questo popolare piatto regionale prevede una preparazione molto precisa che consiste nel farcire un coniglio disossato con fegato, maggiorana e finocchietto. Segue una cottura in forno alla stessa stregua della porchetta di maiale.

Il coniglio appartiene alla tradizione contadina marchigiana; innumerevoli e gustosissime le ricette utilizzate. Nelle Marche prevalgono, tra le altre, quelle in salmì, in umido, e in potacchio.

Preparazione: Lavare e asciugare il coniglio, dividerlo in grandi pezzi e strofinarli con uno spicchio d’aglio. Tritare la cipolla, appassirla nell’olio insieme a uno spicchio d’aglio e al peperoncino. Rosolare bene e aggiungere i pezzi di coniglio, togliendo l’aglio e il peperoncino dal tegame: salare, pepare e versare il concentrato di pomodoro diluito nel vino. Cuocere per mezz’ora circa a fuoco basso allungando con acqua, se necessario. Preparare un trito con il prezzemolo e le foglie di rosmarino da spargere sul coniglio prima di levarlo dal fuoco.

Il potacchio marchigiano: la ricetta, dalle trattorie al 3 stelle Michelin

È una delle ricette più antiche della tradizione regionale. Una cottura rustica, casalinga, perfetta per tutte le carni bianche, ma anche per il maiale, l’agnello, il pesce, le melanzane… Ecco come si fa a casa, come lo fanno i cuochi delle trattorie e come lo fa lo chef Uliassi, tre stelle Michelin. Rosmarino, aglio e vino bianco. È la base del potacchio marchigiano.

E se lo leggete nei menu dei ristoranti sappiate che è una delle ricette più antiche della tradizione regionale. Una cottura rustica, casalinga, perfetta per tutte le carni bianche, ma anche per il maiale, l’agnello e il pesce. In versione vegana la stessa ricetta è perfetta per le melanzane, che dopo la cottura vanno lasciate riposare e sono ancora più buone il giorno dopo.

Il nome potacchio, che deriva dal francese “potage”, cioè cuocere insieme carne e verdura in un “pot”, vaso di coccio, ha fatto ingresso in Italia nel Cinquecento sotto forma di “potaccio”. Se lo notate nei menu delle trattorie, specie quelle dell’entroterra delle province di Ancona e Macerata, e magari è domenica, allora la congiunzione astrale sarà perfetta: potrete ritrovarvi di fronte alla scena che la maggior parte dei marchigiani ha vissuto molte volte a tavola. Il pollo della domenica, quello cucinato dalla nonna, infatti, è rigorosamente in potacchio.

Dolci marchigiani: maritozzi, stroccafussi, frustenga e tanti altri

Tanti sono i dolci tradizionali marchigiani ed è un compito difficile elencarli tutti.

Molti sono preparati in occasione delle feste come la Frustenga di Pasqua, a base di polenta impastata con frutta secca, fichi e vincotto, il Bostrengo di Natale a base di riso, frutta secca e pane raffermo o gli Stroccafusi, la cicerchiata e gli arancini preparati a Carnevale.

Tra i tanti dolci però il maritozzo marchigiano è forse quello con le origini più antiche. La ricetta originaria benchè appartenente al Lazio, era presente già dal medioevo e veniva preparata in occasione della fine della Quaresima, quando si festeggiava il termine del digiuno con questo golosissimo pane dolce accompagnato da confetture e miele. Il nome pare derivi dal fatto che le donne in età maritale usassero i maritozzi per attirare i possibili fidanzati con l’aroma di questo irresistibile dolce.

Ravioli di Castagne fritti – Chiamati anche Calcioni alle castagne, sono dei dolci tipici del periodo di carnevale che si preparano nelle Marche e in particolare nel Piceno e Fermano.

I calcioni sono dei ravioloni ripieni di pecorino e zucchero. Questo dolce marchigiano si prepara per pasqua ed è tipico della località Serra san Quirico. Questo dolce è particolare in quanto è un po’ dolce e un po’ salato.


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