Lo spiedo bresciano

di in Ricette della Lombardia

Lo spiedo compare nel tardo Medioevo con il nome che conosciamo sui rari trattati di cucina che solo i “boss” del ramo, quali Mastro Martino, Bartolomeo Scappi e Teofilo Folengo, mantovano di nascita, ma bresciano di adozione, potevano permettersi di scrivere, essendo l’arte della cucina un lusso concesso solo ai potenti.

Il nome risale dal latino medievale “spetus” termine che si riferiva ad un’arma costituita da un asta di frassino o tasso, lunga circa 2 metri che montava all’estremità una punta di ferro accuminata, il cui uso poteva essere legato ai combattimenti o alla caccia.

Le prime notizie scritte sullo spiedo in cucina giungono da trattati del medioevo. Il passo successivo nella storia dell’evoluzione di questo importante attrezzo di cucina è rappresentato dalla sua prima meccanizzazione, che avrebbe liberato i garzoni dalla schiavitù di girarlo manualmente.

Nel bresciano esistono ancora oggi esemplari di spiedi regolati col meccanismo dei contrappesi, che ricordano il meccanismo degli orologi a pendolo con carica manuale, dove la raggera girava proprio grazie al peso.

A Brescia e provincia lo spiedo è considerato il principe dei modi di cottura. Non c’è bresciano che non si vanti di saper fare il migliore degli spiedi o di conoscere la trattoria che prepara il miglior spiedo in assoluto.

Per ogni commensale si calcolano 8 prese (pezzi di carne di diverse qualità), variando le proporzioni a seconda del tipo di spiedo, della disponibilità di uccellini e del gusto personale. L’unica formula fissa rimane quella dell’alternanza di uccellino e mombol, dove i componenti sono equamente suddivisi a metà.
Il peso del burro è generalmente di un chilo per 100 prese e 100 foglie di salvia,  più una da inserire per ogni “mombol”.
In quanto al sale, essendo un ingrediente che varia sensibilmente il proprio effetto sia in base alla sua natura, provenienza e grana di macinazione, non si possono indicare quantità fisse e tutto sarà affidato alla perizia dello spiedatore.

Ingredienti

  • 200 gr di petto di pollo
  • 200 gr di coppa di maiale in un solo pezzo
  • 100 gr di carne di coniglio
  • 100 gr di pancetta a fette tagliata grossa almeno mezzo cm
  • 4 patate medie
  • foglie di salvia
  • 50 gf di burro fuso
  • sale e pepe
  • Tempo Preparazione: 10 Minuti
  • Tempo Cottura: 20 Minuti
  • Dosi: 4 Persone

Procedimento

Cuocete in padella con abbondante burro gli uccellini o altra selvaggina. Una volta cotti, salateli e frullateli nel mixer. Con questa salsa dovrete condire ripetutamente lo spiedo affinchè durante le cinque ore di cottura, la carne assorba il gusto della selvaggina.

Difficile dare indicazioni sugli ingredienti da utilizzare, ogni spiedatore raccoglie personalmente gli uccelli e i pezzi di carne che più gradisce, in ogni caso si suggeriscono:

– la salvia, preferibilmente quella a foglie piccole, più profumata.
– il mombol, la parte migliore è l’arrosto di codino, molto buona è la parte centrale del carrè, ottima pure la coppa più grassa e morbida.
– il sale, una volta si usava quello grosso battuto nel mortaio o spezzato con una bottiglia. Ora il meglio è il sale marino grigio, quello naturale, perché solo la quantità giusta si ferma sulla presa e il resto cade nella leccarda.
– il burro, rigorosamente quello di malga, la “pucia” anche se tanata si scioglierà sulla polenta calda.
– gli uccelli, piccoli ma rigorosamente con tutte le interiora, senza occhi e senza zampe.
– le patate, trentine. Uno spiedo senza patate perde tutto il suo fascino.
– il condimento, dovrà essere rimesso sullo spiedo innumerevoli volte, sia per mantenerlo morbido che per trasmettere il gusto che viene rilasciato dalla carne degli uccellini.

La tipicità, riguarda esclusivamente gli ingredienti, in quanto il procedimento di cottura è sempre lo stesso. Mettere le costine, il pollo, il coniglio, il fegato oppure addirittura l’anguilla varia sensibilmente il gusto finale, anche se deve prevalere il gusto degli uccellini.

Cosa può precedere un piatto che esige un così alto grado di raffinatezza esecutiva, un piatto solo all’apparenza elementare, perchè è diventato uno dei più snob, data la complessità delle regole, la tassatività dei divieti, l’esclusività nell’ambito in cui si rivolge, formato da iniziati di un proprio e vero culto? Siano banditi tutti gli antipasti, unica eccezione la mitica “minestra sporca”, che solo i fortunati possessori di un pollaio possono preparare nella versione originale.

Ingredienti per 6 persone:
– 1 lt. di brodo di carne
– le interiora di una gallina (rigaglie), oppure 2 fegatini e 2 magoncini.
– 50 gr. di burro
– 6 manciatine di pasta tipo risoni o semi di melone
– formaggio grana grattugiato qb.

Preparate dell’ottimo brodo di gallina e manzo, avendo cura di eviscerare la gallina e di togliere cresta e bargigli. Pulite il magone e le budelline, aprendole nel senso della lunghezza, togliete al fegato la vescica del fiele. Riducete il tutto in piccoli pezzi, tenendo da parte i magoncini. In una pentola che possa contenere il brodo saltate nel burro i magoncini, bagnate man mano con brodo caldo. Dopo circa 15’ aggiungete il resto, facendolo stufare per pochi minuti, quindi versate il brodo bollente, rimescolate e buttate la pastina. Servite quando questa sarà giunta a cottura, accompagnando con grana grattugiato ed eventualmente con del pepe nero macinato al momento.

Uno spiedo non può dirsi tale se non servito con la polenta. La polenta è antica come il mondo e di polente “et similia” l’antichità è dieteticamente inflazionata.
Se si vuole ottenere il risultato migliore, è preferibile scegliere un grano biologico e macinato a pietra. Anche il paiolo è importante, perché incide sul sapore e sulla cottura, il top è costituito dal paiolo di rame o di rame stagnato.

Ingredienti:
2 lt di acqua
600 gr di farina di mais
20 gr di sale grosso

Dopo aver fatto raggiungere l’ebollizione all’acqua, salate, e aiutandosi con una frusta far cadere la farina a pioggia. Mentre la polenta cuoce rimestate continuamente con l’apposito bastone di legno, mantenendo la fiamma vivace ma non troppo, fino a cottura ultimata, che avverrà dopo circa un’ora. Alla fine rovesciatela con movimento deciso sul tagliere. La perfezione sarebbe di cuocere la polenta sul fuoco del camino col paiolo appeso all’apposita catenella.

Quanto sopra esposto è lo spiedo bresciano così come vuole la tradizione, se volete una versione più veloce e sbrigativa provate la versione sottostante, ma non chiamatelo spiedo bresciano…

Riducete il pollo, la carne di maiale e di coniglio a cubetti di almeno 2 – 3 cm di spessore. Riducete anche la pancetta a piccoli pezzi. Mettete tutta la carne in una ciotola, salatela, pepatela e mescolatela con le mani.
Pelate le patate e tagliatele a fettine nel senso della larghezza. Lavate sotto l’acqua corrente le foglie di salvia e asciugatele bene.

Prendete degli spiedini e alternate i pezzi di carne di maiale, pollo e coniglio a pezzettini di pancetta, rondelle di patate e foglie di salvia. Continuate a comporre gli spiedini fino a esaurimento di tutti gli ingredienti.

Se decidete di cuocere lo spiedo bresciano al forno: fate fondere il burro. Scaldate il forno a 180 °C e riponete gli spiedini su una teglia rivestita da carta forno. Spennellate gli spiedini e infornateli.

Rigirateli di tanto in tanto e spennellateli spesso con il burro, in modo che non si asciughino in cottura.

Se invece preferite la cottura alla griglia, grigliate gli spiedini sulla piastra ben calda. Bagnateli spesso con il burro e girateli in modo da dorarli su tutti i lati.

Per la cottura in padella invece, fate fondere nella padella il burro. Adagiate gli spiedini e cuoceteli a fuoco dolce, coprendo con un coperchio. Girateli spesso in modo da cuocere bene anche le patate.

Una volta cotti e dorati, servite gli spiedi bresciani ben caldi, accompagnati da una polentina morbida.

Foto spiedo bresciano


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